Lo scrittore Norman Douglas raccontava con passione di specialissime correnti marine che, nel Mediterraneo, si muovono costantemente verso la Campania: quelle correnti accompagnarono anche le spoglie della sirena chiamata Partenope, fino al sito dove sarebbe sorta Napoli.
La Terra delle sirene
Lo scrittore Norman Douglas raccontava con passione di specialissime correnti marine che, nel Mediterraneo, si muovono costantemente verso la Campania: quelle correnti accompagnarono anche le spoglie della sirena chiamata Partenope, fino al sito dove sarebbe sorta Napoli. Dalla panoramica via Petrarca, da Posillipo e dal ventricolo nobilissimo del cuore della metropoli di oggi, le correnti azzurre increspano ancora i contorni di quella che è insieme gouache e romanzo: i profili vicini e lontani di Ischia, Procida, Capo Miseno, Capri, la Penisola sorrentina; e poi la «cartolina» del Vesuvio, il dedalo urbano svelato dalle torri orientali della city, i palazzi, i monumenti e le chiese di un immenso centro storico con le sue propaggini fortificate, dalla Certosa di San Martino e Castel Sant’Elmo al Maschio Angioino, al Castel dell’Ovo. E l’immaginario del viaggiatore contemporaneo si perde nei vicoli, dopo aver attraversato piazza del Plebiscito, sfiorando il Palazzo Reale, il Teatro San Carlo, e via Toledo, puntando qua e là alle sorprendenti macchie di verde di Capodimonte, agli orti e ai parchi posillipini e alle falesie costiere di tufo giallo. L’istantanea in movimento della «città di mare con abitanti», definizione emblematica di Luigi Compagnone, racconta di una sirena finalmente adulta ed europea che ha ritrovato nel suo mare lo slancio per sentirsi crocevia di rotte progressive. Napoli si lega al mondo, anche sulla spinta dell’incredibile patrimonio della napoletanità creativa, artigianale, di classe, non oleografica, che ha varcato le frontiere. Segno di una originalità che non rinuncia però a specchiarsi nel riconquistato lungomare con i suoi lidi popolari e gli strusci serali di Mergellina, e senza dimenticare del tutto il mandolino e la serenata; e mai, di certo, il caffè, le sfogliatelle e il babà, continuando a celebrare la pizza migliore che c’è. Al di là dei cliché, i tempi di Napoli non sono mai uguali, e la velocità dei mutamenti è il segno di un attivismo leggibile nella poliedricità degli istituti universitari, di cultura umanistica e di ricerca scientifica, nella fibrillazione letteraria e nelle pulsioni artistiche testimoniate anche nelle stazioni della nuova metropolitana; e nella modernità classicheggiante conservata dagli eventi teatrali, musicali e mondani.
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