A PIECE OF HEAVEN
NAPOLI
CASERTA
BENEVENTO
AVELLINO
SALERNO
Il coraggio e la determinazione sono stati i compagni fedeli del viaggio. Iniziato vent’anni fa con la speranza e l’intraprendenza della giovinezza a sostenere un’idea per nulla scontata e dall’esito imprevedibile: riuscire a crearsi un futuro nella propria terra.
Un colpo d’occhio che racchiude sette secoli. Seduti comodamente ad un bel tavolo di ceramica di Vietri
Ogni vitigno piantato, quando germoglia, è un inno alla gioia. È come una sveglia filogenetica. Fa vibrare. Ti fa venire ‘u fridde ncuollo. Ci riconduce alle radici, ci spiega chi siamo. Sintetizza la nostra evoluzione. Almeno dovrebbe.
Quel colore vivido, inconfondibile e unico per la sua intensità è impossibile non notarlo.
Nella bella stagione, era il luogo ideale per fermarsi al calar delle tenebre a trascorrervi la notte. In alto, al sicuro sul fianco della montagna, la piccola spianata offriva spazio sufficiente a sistemare le greggi nei recinti fino alla precoce alba della primavera e dell’estate.
Ancora pochi giorni e, con i primi tepori primaverili, la terra a Cicerale sarà di nuovo pronta ad accogliere gli umili e preziosi ceci, che per secoli hanno intrecciato le loro fasi stagionali con la storia di un’intera comunità del Cilento. Tanto da rischiare di scomparire man mano che quella si assottigliava, impoverita dall’emigrazione che staccava i suoi figli dalle loro solide radici contadine. Tra tanti, Giovanna Voria non aveva fatto eccezione.
Nel cuore dell’inverno, i baccelli rigonfi occhieggiano numerosi tra le foglie verdi argentate insieme a tanti fiori che si preparano alla trasformazione. La prima raccolta di fave Filippo Florio l’ha già fatta, per il piacere di quanti frequentano ogni sabato il mercato di prodotti della terra isolana a Ischia Porto. E a quell’appuntamento le ha presentate con particolare orgoglio, per l’ennesima sfida superata che rappresentano.
Anzi, più sfide in una, visto che si tratta di una coltivazione
È con l’equinozio d’autunno che arriva il tempo delle mele nelle valli del Basso Sannio. La Caudina e la Telesina sono storicamente parte dell’areale delle annurche, insieme alle confinanti valli casertane da cui i meleti si sono progressivamente diffusi negli anni recenti nella grande pianura, fino a raggiungere il mare, nei pressi di Sessa Aurunca.
Ogni anno, in autunno, a Vitulano torna protagonista lei, la vera signora della montagna: la castagna vitulanese. La castagna è un prodotto tipico di Vitulano, strettamente legato non solo alla tradizione culinaria del posto, ma alla sua storia sociale ed economica.
Da sempre la castagna ha rappresentato una fonte di sostentamento importante per gli abitanti del posto, in particolare per le fasce più povere della società.
Ueee, cos’è questo, miele? Sì, miele. Ma questo è un po’ diverso: è libero, è selvatico. Ed è proporzionale. Ma come? Te lo spiego: è proporzionale al paesaggio che lo contiene. Meno bellezza vedi in giro, meno miele avrai… Fatti un po’ di calcoli, fai pure una ideale circumnavigazione.
Fotografo la bottiglia di «Castello» stappata da un bel po’, ormai in tarda serata, poggiandola sul parapetto che dà le spalle alla maestosa cupola della Chiesa dell’Immacolata.
L’etichetta, che mostra le isoipse del cono vulcanico che poi divenne l’insula minor, il Castello Aragonese, è come una mappa dell’escalation di fascinazione pura che m’avvolge ora, a inizio settembre.
Nella sua valigia, specialmente quando è diretto fuori dall’Italia, non manca mai un chilo di limoni di Sorrento.
L’olfatto fa da guida sicura attraverso la piccola corte, che accoglie con il rosso vivace dei gerani affacciati dalle finestre quadrate. La traccia odorosa e la curiosità che l’accompagna conducono a una porta laterale, appena socchiusa. L’aroma lì si avverte più forte. Un richiamo, imperioso perfino, a varcare la soglia, per identificarne l’origine e, soprattutto, la natura. Il primo colpo d’occhio all’interno non lascia più dubbi: su uno scaffale metallico sono allineate delle invitanti formaggette dalla
Il sole dell’estate avvolge le piante da ogni direzione fin dal primo mattino. Così i chicchi s’ingrossano nei grappoli ancora verdi, ma che già si distinguono tra il fitto fogliame. I lunghi filari accompagnano il cammino in una sequenza che si dipana di collina in collina. Interrotta solo dal verde argenteo di solidi ulivi, altra presenza costante nella campagna sannita. Superata l’altura rossa di tetti di Torrecuso, dominata dal profilo del palazzo Caracciolo-Cito, i vigneti guidano lungo una salita che
Il lampo del titolo è un’illuminazione, legata a un riflesso speciale, quello arcobalenico della lampuga che si batte sotto la barca prima di mollare e lasciarsi tirare su: è un flashscenografico che si fa flashback e gioco di parole. Come piace a me.
La lampuga ha una livrea cangiante, fotomutevole; una faccia arcaica, antichissima e mi affascina in modo indicibile: è catturata ancora con la cosiddetta pesca d’ombra che utilizza palmizi e frasche, ed è