A PIECE OF HEAVEN

COSTIERE E AREA FLEGREA

Anacapri

Anacapri

Spostandosi sull’altro versante dell’isola, verso occidente, c’è la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, il protettore di Anacapri (è conosciuta anche come chiesa de’ Marinai), che ha un impianto seicentesco, ed è stata restaurata e ampliata nel 1899. Ha una piccola terrazza panoramica, ed è attraversata dalla cosiddetta Scala Fenicia, che in realtà è greca: era l’unica via d’accesso, verticale e faticosissima, diretta tra il porto e Anacapri, fino a quando fu costruita la strada nel 1874. Giunti nel centro storico, da Piazza Vittoria, si procede per la strada pedonale alla sinistra del monumento ai Caduti, e si trova la Casa Rossa, dipinta in rosso pompeiano. Realizzata con più stili architettonici, ispirati al collezionismo tardo ottocentesco, ha finestre bifore e merlature, ingloba una torre Aragonese cinquecentesca a pianta quadrata e, all’interno, ha il cortile porticato. La sua storia è legata alla vicenda del generale americano John Clay H. Mac Kowen, che sbarcò a Capri reduce dalla guerra civile americana, e vi rimase per 23 anni. La sua vita presenta analogie con quella di Axel Munthe, che pure trasformò Villa San Michele in una casa museo, infatti raccolse e custodì numerosi reperti archeologici, tra epigrafi, bassorilievi, statue recuperate qua e là sull’isola. La Casa Rossa ospita una mostra permanente con tele di maestri italiani e stranieri, collezione che è stata acquistata dal Comune di Anacapri grazie all’offerta di Spiridione e Savo Raskovich, due appassionati che hanno raccolto e conservato opere dedicate a Capri. Dal 2008 vi si trovano anche le tre statue romane ritrovate nel 1964 e nel 1974 nella Grotta Azzurra.
La Villa San Michele è uno dei luoghi più visitati in assoluto: si trova in zona Capodimonte, a cinque minuti dal centro. Fu costruita con un personale progetto da Axel Munthe, il medico e scrittore svedese (1857-1949) autore del celebre romanzo autobiografico Storia di San Michele, in parte su rovine di epoca romana. Secondo alcuni è una sorta di «follia personale», sulla scorta di quella che ispirò il conte Fersen, per lo stile eclettico, discusso e affascinante, dell’architettura. La Villa è gestita dalla Fondazione Axel Munthe «San Michele». Nel 1940 Munthe ottenne il divieto di caccia agli uccelli di passo, con grande lungimiranza. Alla sua morte, nella tenuta l’Università di Stoccolma ha impiantato una stazione ornitologica di studio sulle migrazioni, punto di riferimento per gli studiosi dell’avifauna e dell’ambiente, in un contesto che comprende anche il Castello Barbarossa, ricoperto di vegetazione a dir poco straordinaria.IMG 3709

Il Barbarossa in questione è Khair ad-Dîn, che anche per l’isola di Capri fu un vero flagello, cingendo d’assedio il castello di Anacapri (eretto nell’anno Mille) e incendiandolo.Restando in un contesto paesaggistico-naturalistico, s’impone l’escursione al Monte Solaro; o all’eremo di Santa Maria a Cetrella e, eventualmente, azzardare una passeggiata per il Passetiello, che era una volta l’unica e difficile via di collegamento tra Anacapri e Capri. Durante l’occupazione francese, nel 1808, il Passetiello ricoprì un ruolo strategico, perché consentì il passaggio delle truppe da un Comune all’altro. La cima del Solaro, invece, si può raggiungere a piedi o, più comodamente, in seggiovia prendendo – da Piazza Vittoria – per via Caposcuro, a destra. Nella valle compresa tra il Solaro e il monte Cappello, dominando Marina Piccola, si trova l’eremo che deve il suo nome alla cedrina, l’erba aromatica, in un angolo esclusivo di solitudine e contemplazione, scelto per questo dagli eremiti domenicani alla fine del ‘400. Annessa al convento c’è una chiesetta con il campanile quadrato, che costituisce un esempio dell’architettura tardo-gotica caprese. Qui si celebravano i riti di devozione dei pescatori di corallo.
Dal cuore di Anacapri si diparte un’altra passeggiata cruciale per gli escursionisti dal pollice verde che, partendo a sinistra della stazioncina della seggiovia, conduce al belvedere della Migliera. Qui sono stati ritrovati resti di costruzioni di età imperiale. Ci si affaccia sulle rocce scoscese delle cale del Tuono e del Limno o, verso ovest, si punta lo sguardo fino a Punta Carena e al Faro che, inaugurato il 1° dicembre 1867, è il secondo in Italia per importanza e potenza d’illuminazione. La migliera è il luogo dove si coltiva il miglio, cereale diffusissimo prima dell’arrivo del granturco. Si cammina tra vigneti, uliveti, giardini e orti, e la meta finale è spettacolare. Volendo, un po’ più in alto, ai piedi di una croce di ferro, si gode finanche della vista dei Faraglioni. Punta Carena e il Faro sono raggiungibili comunque da via Nuova del Faro, sempre tra scenari unici, che evocano la storia, per la presenza dei Fortini (di Pino, di Mesola, di Orrico) che, insieme alle torri di Damecuta e della Guardia, costituivano il sistema difensivo occidentale fino a nord, fino alla Grotta Azzurra, in un’alternanza di baiette, tra le quali Cala del Tombosiello e Cala del Rio, caratterizzate da una bellezza memorabile. IMG 3720
Della grandiosa Villa imperiale di Damecuta, restano pochi resti sull’altopiano: lo scavo fu iniziato nel 1937 da Amedeo Maiuri. Si è riusciti a definire l’esistenza di una lunga loggia sostenuta da arcate, la presenza di frammenti di colonne in puro marmo greco. Di certo era ricca di pavimenti in marmo, di stucchi, e decorazioni di pregio. La Torre cilindrica di Damecuta, all’estremità ovest della Villa, a 151 metri sul mare, fu costruita a difesa delle incursioni saracene, e riutilizzata come fortino dagli inglesi nel periodo del conflitto con i francesi (1806-1815). Dal belvedere si intravede il piccolo scalo di Gràdola con la spiaggetta rocciosa a ridosso della Grotta Azzurra.
Della Grotta Azzurra si sa che nell’immaginario collettivo rappresenta uno dei luoghi più famosi del mondo. Fu esplorata il 18 aprile 1826 da quattro personaggi entrati nella leggenda: c’era il pittore tedesco August Kopisch, con l’amico paesaggista Ernst Fries, spinti dall’unico oste dell’isola dell’epoca, don Giuseppe Pagano. Con loro c’era il pescatore Angelo Ferraro detto «Il Riccio», l’unico ad averla visitata tra i contemporanei che ne ignoravano l’esistenza, a dispetto di un profondo passato durante il quale la grotta era stata frequentata e conosciuta. Kopisch, ne La scoperta della Grotta Azzurra, descrisse con entusiasmo e meraviglia quei momenti: da allora in poi, la grotta è entrata nel mito planetario. L’ingresso è largo due metri e alto uno. Il colore azzurro del mare con gli avvolgenti riflessi sulle rocce è dovuto a un varco sottomarino da cui penetra la luce. Vi sono stati trovati resti di un antico approdo: i Romani la usarono come ninfeo, adorno di mosaici e statue.
Tornando, infine, al centro di Anacapri, da visitare restano alcuni luoghi di culto. La Chiesa monumentale di San Michele, barocca, settecentesca, con architetture ideate da Antonio Vaccaro: ha una pianta centrale con una cupola su un ottagono che si dirama in sei nicchie absidate. Sul pavimento in maiolica, c’è il famoso Paradiso terrestre e peccato originale del 1761, opera di Leonardo Chiaiese della storica famiglia di riggiolari. La chiesa di Santa Maria di Costantinopoli è invece della fine del ‘300, quando fu eretta con il nome di santa Maria «alli Curti». La chiesa di Santa Sofia, a tre navate, è il risultato di numerose stratificazioni: presenta una facciata bianca settecentesca, con un campanile a più orologi e si apre sulla piazzetta. Da non dimenticare, poi, Le Boffe, il quartiere seicentesco descritto da Maiuri. Sul nome, «le boffe», pare che venga dal dialetto perché così si indicano le bolle sotto la crosta del pane; ma, per altri, il termine proviene da una deformazione di d’Elboeuf, il comandante della guarnigione francese sull’isola.

Axel Munthe
Aveva visitato Capri a diciotto anni e non era riuscito più a dimenticarla. Tanto da prefiggersi di ritornarci a vivere per sempre. Axel Munthe, svedese di Oskarshamn dove era nato il 31 ottobre 1857, si era formato come medico fra la Svezia e la Francia e a Parigi si era laureato nel 1880. Aveva esercitato la professione medica prima in Francia, poi in Italia e nel 1884 aveva voluto prestare la sua opera a Napoli, in occasione dell’epidemia di colera che aveva colpito la città e che aveva raccontato nel suo primo libro Lettere da una città dolente. Agli inizi del nuovo secolo era stato nominato medico della famiglia reale svedese, ma nel 1908 lo ritroviamo in Italia a prestare soccorso a Messina dopo il disastroso terremoto. Fu dopo aver lasciato l’attività che poté realizzare il suo sogno di ritirarsi sull’isola di Capri, nella villa San Michele che nel 1895 aveva iniziato a costruire ad Anacapri. Ma dopo poco tempo una malattia agli occhi lo costrinse a trasferirsi nella Torre Materita, sulla strada che dalla Certosa porta a Punta Carena, che aveva fatto restaurare. Il grave problema agli occhi lo obbligò a tornare in Svezia. E fu lì che scrisse la sua famosa autobiografia romanzata La storia di San Michele che, pubblicata nel 1929, divenne un best seller internazionale. Morì a Stoccolma l’11 febbraio 1949, dopo aver donato allo Stato svedese l’amata Villa San Michele, gestita oggi da una fondazione.

August Kopisch
Grazie a una sua nuotata, la Grotta Azzurra è divenuta patrimonio del mondo. Prussiano, nato a Breslavia il 26 maggio 1799, August Kopisch aveva cominciato a studiare all’Accademia di Belle Arti di Praga quando un problema alla mano lo costrinse a rinunciare alla pittura, per dedicarsi alla letteratura. Poeta, traduttore di Dante, poco più che ventenne era venuto in Italia e si era fermato a Napoli. Nella città di Partenope aveva conosciuto il poeta e drammaturgo August von Platen-Hallermünde e con lui si era recato a Capri. Sull’isola avevano incontrato l’artista Ernst Fries e con lui furono i primi forestieri a vedere la magnifica Grotta Azzurra. Tornato in patria, fu nominato professore da Federico Guglielmo IV di Prussia. Morì il 6 febbraio 1853 a Berlino.

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