Il gigantesco limone di Procida, acquistato sul carrettino dell’ambulante, è il souvenir più gradevole. Non mancano i laboratori di ceramica, e quelli dove si lavorano le pietre dure policrome.
Ma l’isola nel suo insieme esprime non pochi tesoretti dell’artigianato. Alcuni dei quali vantano un radicamento profondo nella cultura locale, come i segni delicati dei merletti e dei ricami attraversano i quali si identificavano i corredi delle spose: sono sempre conservati gelosamente nei mobili a cassettoni, e racchiudono la memoria di una tradizione sempre più rara.
Del resto ogni ricamo ha una storia e riproduce una «appartenenza» irrinunciabile. In genere, poi, ci sono le tecniche della maglia e dell’uncinetto che sono ancora oggi molto diffuse, dopo essere state utilizzate a lungo per la produzione di capi d’abbigliamento e di biancheria per la casa. In particolare c’è usa l’uncinetto per realizzare orecchini di vari di modelli e molteplici colori, con filo e cotoni pregiati, impreziositi da accurate applicazioni di bigiotteria: oggetti originali, la cui fama ha trovato ampio spazio su magazine e riviste specializzate.
Una forma d’arte che si collega in qualche modo anche a quella dell’intreccio delle reti, evidente nelle velocissime pratiche quotidiane dei pescatori, ed al lavoro dei vimini e della paglia, nelle zone di campagna. Ma sull’isola c’è anche una produzione vasta e varia, di ceramica dai colori solari e marini dell’arancio, del blu e del giallo: tazze, bicchieri, mestoli, piatti, brocche.
E ci sono artigiani che preparano complementi d’arredo tra lampadari e vasi, orologi e piatti di sicuro effetto, portaombrelli, portacandele, orologi, piatti murali, e poi centrotavola, cesti e borse intrecciate, bambole di porcellana e così via.
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